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Miti, leggende e luoghi misteriosi: le vicende della Valle Castellana
06 maggio 2019

La Valle Castellana è un luogo di confine che ha subìto contaminazioni da dominazioni diverse che si sono alternate nel corso dei secoli, infatti è luogo di ritrovamenti archeologici interessanti risalenti al periodo neolitico; pare che nasconda numerosi tesori antichi. Fu parte del Regno Borbonico al confine con lo Stato Pontificio, quindi un’area soggetta a guerre e saccheggi, e naturalmente è stata terra di briganti che si rifugiavano nelle sue foreste. Nel 1377 quando passò da Ascoli Piceno a Teramo.

Storia, cultura e tradizioni si mescolano ai paesaggi incontaminati dei Monti della Laga che grazie ai suoi rigogliosi ruscelli e fiumi è fitta di rigogliose foreste, in cui si incastonano come pietre preziose, piccolissimi borghi medievali e mulini abbandonati.
Sono famosi i suoi castagneti e la presenza di numerose specie di piante tra cui il raro abete bianco, olmi, faggi, frassini, tigli e querce.

In questi boschi si cela la Grotta della Paura che prende il nome dalla leggenda che narra come molte persone siano morte di spavento trovandosi in prossimità di questa grotta, che per questo rimane tutt’ora inesplorata.


IL FIUME VERDE DANTESCO

Nel Canto III del Purgatorio, versi 103-145, Dante incontra Manfredi di Svevia che gli rivela di essere sepolto nel letto del Fiume Verde, luogo che dovrebbe corrispondere al fiume Castellano che scorre sotto Valle Castellana secondo l’ipotesi del figlio di Dante, Pietro, e il Buti.
Ucciso da Carlo d’Angiò nella battaglia di Benevento tra Guelfi e Ghibellini, Manfredi morì il 26 febbraio 1266, dopo essere stato scomunicato dal Papa per le sue mire espansionistiche; il territorio venne conquistato dagli Angioini francesi che ritennero illegittimo il Regno di Napoli.
Considerato eretico, Manfredi venne disseppellito e trasportato fuori dal regno a lume spento: per ordine del Pontefice Massimo, i suoi resti furono gettati nel Fiume Verde.
Nel Canto III Manfredi, umilmente pentito chiede a Dante di avvertire la figlia per salvarlo dall’Antipurgatorio con le preghiere.

Poi sorridendo disse: «Io son Manfredi,
nepote di Costanza imperadrice;
ond’io ti priego che, quando tu riedi,
vadi a mia bella figlia, genitrice
de l’onor di Cicilia e d’Aragona,
e dichi ‘l vero a lei, s’altro si dice.
Poscia ch’io ebbi rotta la persona
di due punte mortali, io mi rendei,
piangendo, a quei che volontier perdona.
Orribil furon li peccati miei;
ma la bontà infinita ha sì gran braccia,
che prende ciò che si rivolge a lei.
Se ’l pastor di Cosenza, che a la caccia
di me fu messo per Clemente allora,
avesse in Dio ben letta questa faccia,
l’ossa del corpo mio sarieno ancora
in co del ponte presso a Benevento,
sotto la guardia de la grave mora.
Or le bagna la pioggia e move il vento
di fuor dal regno, quasi lungo ‘l Verde,
dov’e’ le trasmutò a lume spento

CASTELLO BONIFACI A VALLENQUINA

Sul promontorio a picco sul ruscello un gruppo di case risalenti al 1200 è stata accorpata al Castello di proprietà della famiglia nobile dei Bonifaci, l'unico ancora integro ed abitato della zona, collegato ad una chiesetta. Fu commissionato dal professor Vincenzo Bonifaci e la scritta “CC.R.P. 1894” sul portone d’ingresso indica la data in cui è stato completato. Pur essendo una struttura del ‘900 ha un aspetto neogotico-romantico che richiama al Castello della Monica, e lo stemma ghibellino dell’aquila rimanda a quello degli svevi di Castel Manfrino.
Si narra che i Bonifaci siano stati molto benevoli e generosi con la popolazione locale ma furono spesso vittime di banditi a volto coperto da bandane; quando scoprirono che i banditi altri non erano che gente del luogo, e che il capobanda era Felice Andrea Angelini del vicino villaggio, evitarono di divulgare la notizia.
I briganti della zona non risparmiarono neanche il monastero di San Sisto sul colle vicino, abbandonato e depredato dei suoi bronzi, né la chiesetta del borgo a cui resta una sola campana.

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IL PIANTONE DI NARDO’

Nel castagneto plurisecolare di Morrice, che è stato fonte di sostentamento per gli abitanti della Valle Castellana, c’è un albero monumentale del 1300 di eccezionale grandezza, la sua circonferenza è di 14 metri, ed incanta come se avesse il potere di donare una sensazione di benessere: è il Piantone di Nardò, inserito nell’elenco delle piante secolari protette, essendo uno dei castagni più grandi d’Italia.
La popolazione locale ha un legame molto stretto con questo castagno infatti qualcuno lo chiama “nonno castagno”.

È possibile partecipare alla “sagra della Castagna e della Patata a Valle Castellana” nel penultimo weekend di ottobre, ed alla “festa della castagna” nella frazione Leofara che per tradizione si festeggia l’ultimo week end di ottobre.

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